ROMA, la riflessione sull’amore con Paolo Ruffini e il suo “Posso solo amare”
Pomeriggio di riflessione e confronto nella libreria Spazio Sette a Roma dove ieri l’attore livornese Paolo Ruffini ha presentato “Posso solo amare”: il suo libro dove le storie che vengono raccontate sono unite da un filo conduttore che sembra significare come amare qualcuno non implichi solo dare ma anche mettersi in pericolo. La scelta dell’amore, però, nello scenario iperconnesso moderno risulta essere ancora la soluzione al “buco nero” nella sovraesposizione mediale.
Il libro, sottolinea ironicamente Paolo Ruffini, è nato in ampia percentuale dalla ricerca di emozioni che non siano social ma sociali, ed infatti le tematiche affrontate nel libro vengono generalmente considerate come scomode. L’idea nasce con l’esperienza di “PerdutaMente” dove da una storia di Alzheimer si sfocia in una d’amore ed è il messaggio del “io non chi sei, tu non sai chi sono, ma ti amo lo stesso” a rimanere impresso nella mente del conduttore televisivo livornese. “Al dimenticarsi della guarigione resta esclusivamente la cura” è la citazione di Paolo Ruffini al cantautore Battiato per dire che, infondo, tra amare e vivere non ci sia differenza e che l’opposto della vita sia l’amore. “Quando si viene al mondo si vive, si respira e si ama, e rispettivamente 2 su 3 possono terminare con coscienza. L’amore è una non scelta di un fucile a pallettoni nelle mani di qualcuno”. È così che afferma Ruffini per descrivere l’amore come una tragicommedia affascinante che non sempre riserva una dose di felicità.
In ogni storia del libro ci sono riferimenti a personaggi mitici, utilizzati come richiamo cinematografico ed elemento di flessibilità per i lettori perché, a detta di Paolo Ruffini, “tante vite hanno un’epica dietro che nemmeno gli elleni sarebbero riusciti a raccontare”. Menzionate nell’incontro anche alcune storie presenti nel libro, come quella di denuncia tra la verità legale e quella della vita di Elena. Quest’ultima rimasta incinta di Mario a 26 anni è vittima di un caso di malasanità con 20 ore di travaglio e una tetraparesi spastica permanente, oltre a problemi psichiatrici, per Mario. Nonostante una guerra legale, Elena perde la battaglia con un risarcimento di 300mila euro. La cifra è alta e proibitiva per la donna, con le istituzioni che minacciano di prenderle casa, ma non una casa normale. Quella di Elena è “la casa di Mario”: un gruppo-appartamento (cioè il cosiddetto cohousing europeo), senza finanziamenti, inclusivo e con le porte sempre aperte dove ragazzi e ragazze come Mario stanno meglio e riescono a sorridere. Quella di Elena è, quindi, la storia di resilienza di una donna che si dichiara pronta a morire per la propria causa, dove un abbraccio quotidiano è la cura alla soluzione che non c’è.
Ancor più coinvolgente la storia d’amore tra Fabrizio e Massimiliano dove il Parkinson ha stravolto il loro rapporto e cambiato, come afferma Massimiliano, la funzione dell’amore, non dando più nulla di scontato. La loro storia insegna a vivere qui ed ora, non guardando ne al passato ne al futuro, ma è indubbiamente una grande testimonianza della potenza dell’amore. Strappalacrime la dichiarazione di Massimiliano che sintetizza il racconto dicendo che: “Ho tirato fuori gli attributi per dimostrare il mio amore per Fabrizio, perché nonostante parkinson e farmaci lì dentro c’è il Fabrizio che ho sempre amato”. La penultima storia raccontata nell’evento riguarda da vicino Paolo Ruffini e la sua ex Claudia, la quale soffriva di attacchi di panico che però non sono mai stati un problema per l’attore livornese che ha scelto di prendere per mano Claudia e sorridere insieme. A chiusura della riflessione congiunta le storie di due bambine: la plusdotata empatica Maya e Noemi con la sua Atrofia Muscolare Spinale. Con la prima, con un Qi di 25 punti più elevato della media si riflette sull’attuale ritardo scolastico che non è al passo dei talenti, ma alla ricerca di una definizione standard di intelligenza. E tal proposito, Ruffini si chiede “Ma quanto sarebbe bello tornare indietro, pulendosi dal pregiudizio e disimparando credenze inutili?!”. Con la seconda si ragiona su un termine ormai noto: resilienza, la stessa di Noemi che non vuole pregare Padre Pio per un miracolo ma che da 6 mesi di vita previsti ha compiuto recentemente 12 anni.
Paolo Ruffini debutta sul grande schermo con il film “Ovosodo” ma seguiranno numerosi successi come “Natale a Miami”, “La prima cosa bella”, “Fuga di cervelli” e molti altri. Nonostante una carriera al top nella scena afferma che oltre alle risate e alla comicità anche l’amore e il dolore delle storie empatiche sono argomenti pop perché sostiene che “ci si rende conto facendo una tara della propria vita dei veri valori”. La conclusione non lascia spazio ad interpretazioni ma ci pone dinanzi ad una realtà che riguarda indistintamente tutti: l’amore è inevitabile, è un atto che non si può decidere, è la cura che tiene in vita chi non possiamo guarire e salvare ma semplicemente amare.