MOTORI, Sezze sul tetto d’Italia: intervista con Alessio Caiola neo Campione Italiano Endurance
Passare per primi sotto la bandiera a scacchi, vincere e poter festeggiare con lo champagne il successo appena ottenuto. Per tutti gli appassionati di motori non esiste una sensazione migliore. Noi di Mondor@le Quotidiano abbiamo avuto la fortuna di scambiare quattro chiacchiere con una persona che pochi giorni fa ha vissuto questi momenti.
Stiamo parlando del setino Alessio Caiola, che insieme a Riccardo Ianniello e Alessandro Fabi, ha vinto il Campionato Italiano Endurance nella categoria GT Cup Am. I tre hanno ottenuto questo fantastico risultato a bordo della Lamborghini Huracán in versione Super Trofeo del team DL Racing.
Sentire dalla viva voce di uno dei protagonisti cosa si prova in quei momenti e quali sono stati i sacrifici che hanno permesso di raggiungere questi successi sono momenti emozionanti per tutti, anche per chi non conosce da vicino questo mondo. Inoltre, nel corso dell’intervista non sono mancati alcuni spunti tecnici utili a comprendere il funzionamento delle corse endurance.
Che emozioni avete provato dopo aver tagliato il traguardo da campioni italiani?
“È scesa una lacrima, te lo confesso. È stato uno sfogo da stress perché io sono un pilota per passione, ma purtroppo non riesco, sia per motivi economici che di tempo, a fare quello che fanno i miei compagni di squadra, Riccardo Ianniello (16 anni) e Alessandro Fabi (23 anni). Loro vivono solo per gareggiare, tra allenamenti in palestra e simulatore e all’attivo hanno molte più gare di me. Io mi sono impegnato tanto a casa in palestra a livello fisico e a livello mentale e per nove mesi ho vissuto per raggiungere questo risultato, per me meritato dopo tutto l’impegno. Un bellissimo traguardo, anche perché il team DL Racing è nuovo visto che è il primo anno che corre in questi campionati”.
Quale è stato il momento più difficile della stagione e dove avete capito di poter raggiungere questo successo?
“Dall’inizio la stagione è stata tutta in salita. Io conoscevo le piste, per il resto era tutto nuovo. Siamo andati avanti passo dopo passo, accumulando tutti quanti esperienza. Tra di noi poi si è creato un gruppo grazie al team manager Fabrizio Dal Monte che ha creato l’equipaggio e al team principal Diego Locanto. Dal primo giro a Pergusa fino a Vallelunga tutto il weekend di gara è stato impostato pensando al “noi” e non al singolo pilota. Ogni decisione, ogni cosa che andava fatta a livello di setup per la macchina, a livello di organizzazione per le qualifiche, partenze, e i vari stint di gara è stata sempre decisa a tavolino. Per questo, nel giro di cinque minuti abbiamo sempre trovato un comune accordo. Ci siamo aiutati a vicenda e il tutto ha funzionato perché abbiamo affrontato il campionato endurance come andava fatto”.
L’endurance è l’unica categoria dove bisogna dividere l’auto con altri piloti. Com’è il rapporto con i compagni di squadra?
“Io vengo dalle due ruote motrici, dal campionato Clio Cup che ho vinto nel 2015 e dal TCR e in carriera ho sempre cercato il setup migliore per me. Inizialmente il discorso di condividere la macchina e trovare un setup adatto a tutti lo vedevo come molto difficile. Alla fine, però si trattava solo di una limitazione mentale”.
Il campionato italiano si svolge su tracciati come Monza, Mugello e Vallelunga e con avversari del calibro di Giancarlo Fisichella. Che sensazioni si provano?
“Ci sono piloti fortissimi con un livello veramente molto alto. Anche i gentlemen sono veloci e preparati. Poi chiamiamo questa disciplina endurance, ma alla fine non lo è perché sono effettivamente gare sprint di più ore. Un esempio: al Mugello dovevo fare uno stint di 50 minuti a girare sul ritmo del 1:54-1:55. Una cosa esorbitante, con la temperatura dentro la macchina toccava i 60°. Una vera e propria qualifica da cinquanta minuti e quando sono sceso ci ho messo tre giorni per smaltire. Prima della gara sapevo già di dover fare un turno di guida così lungo e avevo qualche preoccupazione, ma dopo aver fatto quello stint avevo una forza in più. A Monza abbiamo avuto un po’ di fortuna con una fase di neutralizzazione, con un pit stop che ci fatti uscire terzi assoluti. Questo ha comparato la sfortuna che abbiamo avuto a Pergusa, dove io sono stato buttato fuori e poi abbiamo subito anche una foratura”.
Quali sono i pro e i contro della Lamborghini Huracán Super Trofeo che avete usato durante l’anno?
“Tantissimi pregi, ma soprattutto penso ai freni. La macchina frena tantissimo, ogni staccata che fai sembra sempre che voglia forzare di più. L’unico handicap è che ci penalizzano tanto per quanto riguarda il motore, perché una Super Trofeo girerebbe con gli stessi tempi di una GT3. Un esempio è proprio il curvone a Vallelunga: le GT3 lo fanno in pieno, noi invece no e se non molliamo la macchina non gira proprio, essendo di derivazione stradale.
Ci può svelare qualche dettaglio per la prossima stagione?
“Il mio sogno era vincere e ci siamo riusciti. Ora mi piacerebbe fare l’Europeo per provare quella configurazione di macchina. Il problema però è sempre a livello economico, quindi vedremo”.
Giornalista ODG Lazio. Laureato Magistrale con Lode in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo presso Coris Sapienza. Appassionato di sport e giornalismo. Collabora anche con la testata LatinaNews